STORIA DEL PARQUET: VERSO IL SALARIO MINIMO PER I PARQUETTISTI

 In SOLID, Storia del parquet

Nel nostro percorso a tappe lungo la storia del parquet, lo scorso appuntamento ci aveva condotto sino al 1951, con la condivisione delle prime norme di fabbricazione e l’omogeneizzazione delle caratteristiche dei listoni. E continuiamo a parlare di Francia, patria del parquet e, nel corso degli anni, sempre apripista per tutti i protagonisti del mondo delle pavimentazioni in legno, parquettisti in primis.

LA DIFFICOLTÀ NEL GESTIRE L’ESSICAZIONE DEI LISTONI

Listoni per parquet

Torniamo al 1951: quell’armonizzazione portò all’istituzione di 20 scelte di parquet differenti. Un aspetto interessante è quello che riguarda l’essicazione del legno. A quei tempi l’essicazione rappresentava una serie difficoltà: le tavole che sarebbero diventate parquet venivano impilate all’esterno perché si seccassero, in genere per un periodo di circa 6 mesi. Nei periodi umidi, le grate su cui venivano impilati i listoni avevano maglie più ampie, per permettere una ventilazione migliore. All’essicazione naturale ne seguiva una artificiale all’interno di celle riscaldate da vapore secco e vapore umido. Il procedimento non era immune da rischi, soprattutto dovuti alla difficoltà di misurare l’umidità dei boschi. Queste potenziali imprecisioni potevano comportare disagi sul cantiere, quando ci si ritrovava con legni che si ritiravano e legni che si gonfiavano. Negli anni successivi venne messa a punto una migliore padronanza dei cicli di essicazione

VERSO UNA FEDERAZIONE FRANCESE DEI PRODUTTORI DI PARQUET

Le tecniche sempre migliori hanno reso l’operazione di essicazione via via sempre più affidabile e in grado di evitare qualsiasi deformazione del legno, migliorando anche l’omogeneità della resistenza all’umidità del parquet. Questo sviluppo ha permesso anche di accorciare la durata dei cicli di essicazione. Anno rilevante, il 1952 con la creazione del CTB, il Centro tecnico del legno che ha portato a una ulteriore armonizzazione delle tecniche di produzione e della scelta dei parquet, oltre che a un decisivo miglioramento delle tecniche di essicazione e stagionatura del legno.

DAL LEGNO ALL’ARREDAMENTO PER PRESTAZIONI SEMPRE MIGLIORI

La base del lavoro dei parquettisti

Con il passare degli anni, il CTB è diventato CTBA, Centro tecnico del legno e dell’arredamento: questo organismo ha saputo federare i principali produttori di legno, offrendo loro assistenza tecnica, consigli e informazioni. Il CTBA ha anche creato certificazioni di qualità – che naturalmente implicano un controllo di conformità delle produzioni –: un centro dove effettuare test permette di valutare la buona tenuta e la stabilità dei parquet, la resistenza delle vernici, le performance acustiche degli isolanti. Il CTBA, da allora, presiede all’elaborazione delle norme di produzione e della messa in opera.

UNA CONQUISTA SOCIO-POLITICA: IL SALARIO MINIMO PER I PARQUETTISTI

I parquettisti – coloro che posano il parquet, non colore che producono i listoni –, vista l’esplosione del mercato delle pavimentazioni in legno, già dalla fine del XIX secolo erano particolarmente sindacalizzati. Dai “padroni” iscritti alla Camera sindacale di carpenteria e parquet ottennero un accordo importante per l’applicazione di una tariffa sindacale specifica – un salario minimo – per i lavori di messa in posa dei parquet, il cui ambito di manovra era rigidamente tracciato. Ogni anno, lo stipendio minimo veniva ridiscusso a partire dal nuovo costo della vita e, una volta stabilito, pubblicato e condiviso dal Ministero del lavoro. Questo “metodo” era particolarmente apprezzato sia dai posatori, sia dai “padroni”: i parquettisti guadagnavo più così che con una retribuzione alla giornata, i datori di lavoro potevano contare su un lavoro fatto con più precisione e dedizione.